DANIEL PENNAC
«Oggi abbiamo bisogno di persone che cerchino di comprendere le paure di un adolescente, prima ancora d’insegnargli qualcosa. E’ questa la funzione del pedagogo. Quando insegnavo, cercavo sempre di capire i timori dei miei studenti, proprio perché nella mia infanzia scolastica la paura – di sbagliare, di non farcela, di non essere all’altezza – ha svolto un ruolo capitale. E per non far paura agli allievi, dobbiamo evitare di presentarci come guardiani del tempio, provando invece a trasmettere loro la felicità che proviamo quando frequentiamo i libri. La lettura a voce alta è uno dei modi che consente di trasmettere questo sentimento di felicità, come pure la sensazione di liberazione che essa procura. Spesso gli studenti sono convinti che scrittori come Joyce o Proust siano illeggibili. La lettura a voce alta può servire a dimostrare il contrario». Intervista di Fabio Gambaro a Daniel Pennac, La Repubblica, 23 marzo 2013 Il verbo leggere non sopporta l’imperativo, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo “amare”, il verbo “sognare”. Naturalmente si può sempre provare. Dai, forza: “amami!” “Sogna!” “Leggi!” “Leggi! Ma insomma, leggi, diamine, ti ordino di leggere!” “Sali in camera tua e leggi!” Risultato? Niente. Si è addormentato sul libro Silenzi luminosi che dicono più di quel che tacciono… Il mondo intero è in quel che diciamo e tutto illuminato da quel che...
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